Il ratafià è un liquore aromatizzato alla frutta che in Italia viene prodotto per lo più in Piemonte, in Valle d'Aosta e in Abruzzo, ma è diffuso anche in Catalogna (Spagna) e in Francia (soprattutto nel nord-est, nelle regioni di Champagne e Borgogna, entrambe grandi produttrici di vini e liquori).
Sia il ratafià piemontese che quello valdostano hanno ottenuto il riconoscimento come PAT (Prodotto Agrialimentare Tradizionale).
Altri nomi con cui il ratafià è conosciuto sono ratafia (anche in spagnolo) o rataffia, a seconda delle zone.
Esistono due modi per produrre il ratafià: o partendo da una base di vino (in Abruzzo per esempio si utilizza il rosso Montepulciano d'Abruzzo), oppure creando un infuso di frutta, erbe e spezie in alcol puro.
Di solito il ratafià più conosciuto è a base di amarene o ciliegie, ma esistono tantissimi tipi di ratafià anche con agrumi (limoni e arance), pesche o mandorle. Tra le spezie più utilizzate ricordo i chiodi di garofano, la cannella, la vaniglia, il caffè, la noce moscata e tra le erbe si possono annoverare la menta, il rosmarino, l'anice, il ginepro.
In genere il tutto viene combinato con lo zucchero per dare origine a una bevanda alcolica dolce e profumata, da bere come dopo pasto.
Il ratafia si abbina bene al cioccolato fondente, a biscotti secchi come cantuccini, in generale a tutta la pasticceria mignon ed è indicato anche con il gelato o con la macedonia, soprattutto se bevuto fresco, ad una temperatura di 8°C.
La gradazione alcolica varia dai 14 ai 22% vol, a seconda della tecnica di produzione, sarà meno alcolico se prodotto con vino o più alcolico se prodotto con alcool.
Il ratafià è una bevanda storica in Italia, in passato consumata molto più frequentemente di oggi, soprattutto nel Settecento e nell'Ottocento; ma ormai la tradizione è caduta un po' in disuso, eccezion fatta per alcune zone montane soprattutto della zona alpina tra il Piemonte e la Valle d'Aosta e sulla dorsale appenninica tra Abruzzo e Molise.
L'etimologia fa derivare il termine ratafia da un modo di concludere i contratti dell'epoca: "et sic res rata fiat", ossia "che la cosa sia valida". Il notaio ratificava così i vari atti e li rendeva validi con la sua firma.
In dialetto piemontese, però, si è perso il collegamento con il latino, e il "rata fià" indica letteralmente il "gratta fiato".
Fin dal Seicento prodotto solo ed esclusivamente nei monasteri, il ratafià iniziò ad essere commercializzato a livello laico e artigianale grazie al guizzo di Giovanni Rapa, un piccolo imprenditore di Andorno, un comune piemontese della provincia di Biella alle pendici del Monte Mars.
Il liquorificio Rapa, fondato nel 1880, esiste ancora.
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