BUFALE sulla PASTA AL DENTE (che NON fa dimagrire)

La pasta cotta al dente è più digeribile e ha un indice glicemico più basso rispetto alla pasta scotta. Così si legge in rete, in tutte le lingue, ma soprattutto in Italia, ovviamente, patria della pasta e unico luogo al mondo (a quanto pare) in cui la si cuice in modo ottimale, ovvero al dente.

 

 

Considerate che nel mondo anglosassone c'è un sacco di gente che crede che gli italiani sono più magri perché mangiano la pasta cotta al dente. Anche noi, quindi, abbiamo il nostro "paradosso italiano", non siamo da meno dei francesi, almeno per una volta. Peccato però che sia il paradosso francese (quello del vino rosso che proteggerebbe dalle malattie cardiovascolari), che quello italiano, siano delle notizie false, non supportate da alcun dato scientifico.

Ma allora perché tutti credono che la pasta scotta fa ingrassare (o quella al dente fa dimagrire), grazie al minor indice glicemico di quest'ultima? Considerate che questa notizia è riportata anche da siti internet con una certa credibilità, financo quello della Fondazione Veronesi, che incappa in questo tranello dimostrando che, almeno in questo caso, a quanto pare gli articoli vengono scritti in base al sentito dire, senza alcun controllo approfondito della letteratura scientifica.

 

 

Se è più digeribile, come fa ad avere un indice glicemico inferiore?

Quasi tutti gli articoli che incensano la pasta cotta al dente, riportano due vantaggi: la digeribilità maggiore, e ovviamente il minor indice glicemico. Già queste affermazioni dovrebbero mettere in guardia il lettore, perché è evidente che migliorare la digeribilità significa mettere in circolo più rapidamente i carboidrati contenuti nella pasta, con conseguente maggior innalzamento dell'indice glicemico. Il dramma è che nemmeno chi scrive questi articoli, si accorge della contraddizione, dimostrando non solo poche capacità logiche, ma anche una scarsa cultura nella materia stessa che si sta trattando in veste di "esperti".

La digeribilità è da sempre considerata una cosa positiva: è un po' come il prezzemolo, sta bene su tutto. Un alimento digeribile è buono per definizione. Peccato che, come abbiamo visto, digeribilità sia anche sinonimo di indice glicemico alto, essendo sinonimo di rapido svuotamento gastrico, e quindi rapido ingresso nel torrente ematico dei carboidrati contenuti negli alimenti.

Ah, ovviamente è una bufala anche quella della digeribilità, come dimostrato in questo studio "recentissimo"... Del 1990! La pasta scotta ha esattamente la stessa digeribiità di quella al dente.

Cosa dice la scienza

Di studi riguardanti l'indice glicemico della pasta in relazione al tempo di cottura, non ne ho trovati tanti. Molti mettono a confronto i metodi di cottura, per esempio confrontando l'indice glicemico della pasta cotta e poi fatta raffreddare, e poi eventualmente riscaldata.

 

 

Il solo studio che ho trovato è questo (Glycemic response to pasta: effect of surface area, degree of cooking, and protein enrichment), che ha messo a confronto diversi tempi di cottura della pasta, è del 1986 e non ha riscontrato alcuna differenza sostanziale, anche con tempi di cottura molto diversi (da 5 a 15 minuti!). 

Sorprendentemente, questo studio ha invece rilevato che il formato di pasta ha una influenza inredibilmente elevata sull'indice glicemico, con gli spaghetti che vincono di gran lunga il confronto rispetto ai maccheroni, e altri formati di pasta che si collocano a metà strada. Le differenze sono molto evidenti: i maccheroni hanno un IG superiore del 50% rispetto agli spaghetti! Quindi, da oggi solo spaghetti, e saremo tutti magri? Non proprio... Perché l'indice glicemico è un indice che si conosce da una vita e la comunità scientifica non gli ha mai dato troppo peso, salvo nel campo della diabetologia... Purtroppo è stato utilizzato ai fini commerciali per elaborare tutta una serie di "fad diet" agli inizi degli anni 2000, e per questo anche oggi continua ad essere sulla bocca di tutti.

L'indice glicemico è sopravvalutato

L'indice glicemico è tornato alla ribalta grazie (o a causa) della dieta a zona e di tutte le diete (Montignac in primis) basate su questo indice. In seguito molti si sono accorti che in realtà non aveva senso giudicare un alimento in base solo all'indice glicemico (clamoroso è il caso delle carote, che secondo le diete dell'indice glicemico farebbero malissimo), ma che bisognava anche valutare le quantità. Nacque così il carico glicemico, e infine l'indice insulinico. Si tratta di concetti che iniziano a diventare un pelo complicati, e quindi poco spendibili per convincere la grande massa delle persone, non a caso nessuna dieta famosa si basa sul "carico glicemico". Mentre si continua a parlare di indice glicemico, della sua importanza, e della pasta che va mangiata al dente, altrimenti sono guai.

L'indice glicemico degli alimenti è senz'altro un fattore importante, moltissimi studi hanno dimostrato che le diete composte da cibi con indice glicemico basso sono più efficaci. Tuttavia, come abbiamo sempre detto, non è necessario scegliere gli alimenti in base al loro indice glicemico: basta e avanza sceglierli in base alla loro densità calorica. Infatti una dieta in cui gli alimenti vengono scelti in base all'indice glicemico non ci garantirà di dimagrire, mentre una dieta impostata sulla riduzione della densità calorica dei cibi, ci garantirà di dimagrire e anche di ridurre l'indice glicemico dei cibi che la compongono.

Qualunque dieta equilibrata, in grado di farci mantenere il peso forma, conterrà già cibi a basso indice glicemico, senza ulteriore necessità di andarli a cercare. Questo indice non ci dà alcun vantaggio pratico, anzi può essere fuoriviante perché ci fa compiere scelte che possono penalizzare la nostra alimentazione (pensate a chi è terrorizzato dalle carote, o mangia cibi integrali pur non amandoli, o sceglie un cereale piuttosto che un altro in base a questo indice e non in base ai propri gusti), senza apportare particolari vantaggi.

Cuocete la pasta come vi pare, e mangiatene poca!

Il messaggio vero da dare a un soggetto in sovrappeso è quello di limitare il consumo di pasta, non di cuocerla più al dente. Moltissimi italiani mangiano 100 o più grammi di pasta tutti i giorni, quando in realtà potrebbero permettersene 70-80 g al massimo. Lo so che è una porzione misera, ma il problema della pasta è proprio questo, la scarsa sazietà causata dalle porzioni troppo piccole in relazione alle calorie. Come risolvere il problema? Ne abbiamo parlato nell'articolo "la pasta fa ingrassare"?

 

 

 

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