Il sodio (Na, o meglio, lo ione sodio Na+) è il catione più diffuso nei liquidi extracellulari (al contrario del potassio, maggiormente presente in quelli intracellulari). Un soggetto di 70 kg contiene quasi 100 g di sodio totali.
Il sodio è coinvolto in numerosi processi elettrofisiologici da cui dipendono numerose funzioni cellulari. Ha una importanza fondamentale in molti sistemi di trasporto di nutrienti tra la cellula e i substrati intra ed extracellulari.
Il sodio influenza la pressione osmotica e quindi il volume dei liquidi extracellulari. Se aumenta la concentrazione di sodio, aumenta anche la pressione osmotica dei liquidi extracellulari ovvero la loro tendenza ad uscire dalla cellula per diluire la concentrazione di sodio dei liquidi extracellulari. La quantità di acqua della cellula deve rimanere entro un range piuttosto ristretto e quindi uno dei meccanismi di difesa dell'organismo per diluire l'eccesso di sodio è quello di aumentare la ritenzione idrica ovvero l'accumulo di liquidi extracellulari: questo fenomeno causa edema (gonfiore) e, nei soggetti predisposti, può aumentare la pressione arteriosa.
Il rene è in grado di assorbire fino al 100% del sodio presente nei 180 l di liquido che questo organo filtra ogni giorno, inoltre il sodio è uno dei minerali più presenti negli alimenti e quindi in un soggetto sano è praticamente impossibile che si verifichi una carenza di sodio.
L'eccesso di sodio è invece un fenomeno che interessa la maggior parte delle persone che vivono nei paesi industrializzati.
La tossicità acuta da sodio è difficilmente riscontrabile, e determina irritabilità, tachipenia e febbre fino alla comparsa di convulsioni.
Un eccesso cronico di sodio con la dieta determina ipertensione arteriosa nei soggetti (circa il 30% della popolazione) geneticamente predisposti. L'ipertensione è a sua volta un importante fattore di rischio cardiovascolare e quindi il sodio assume indirettamente una grande importanza per la nostra salute. Studi recenti hanno ridimensionato il ruolo della dieta iposodica come strumento per ridurre il rischio cardiovascolare, in particolare si è notato come solo una parte dei pazienti ipertesi risponde positivamente a una dieta povera di sodio.
Il sodio è presente nel sale, che aumenta l'appetibilità dei cibi e di cui spesso si abusa proprio per questo motivo.
I livelli raccomandati di assunzione di sodio sono pari a 2,4 g corrispondenti a 7 g di sale (un cucchiaino raso).
Solo il 10% del sodio viene ingerito tramite gli alimenti non trasformati e le bevande (il sodio naturalmente presente negli alimenti), il 36% è rappresentato dal sodio "discrezionale", ovvero dal sale che aggiungiamo durante la cottura o negli alimenti giù cotti, il restante 54% è costituito dal sodio aggiunto negli alimenti trasformati artigianalmente o industrialmente, quest'ultimo è composto al 90% da sale e dal 10% da bicarbonato, glutammato o altri sali.
Studi effettuati in anni recenti hanno evidenziato che il sodio non discrezionale viene assunto soprattutto tramite alcuni alimenti: pane, formaggi, carni e pesci conservati (salumi, ecc).
Questo dato è molto interessante, poiché dimostra che non aggiungere sale agli alimenti non è una buona strategia per limitare il sodio assunto, per agire in modo ottimale occorre innanzitutto controllare l'assunzione di pane (e derivati, per esempio la pizza è un alimento a forte rischio), salumi e formaggi, e solo in secondo luogo a controllare l'aggiunta di sale a tavola e in cucina. Il sale iposodico purtroppo non risolve il problema perché ha un sapore amaro molto spiccato.
Il gusto del salato è acquisito e indipendente dal fabbisogno di sodio dell'organismo, quindi un soggetto che mangia molto salato dovrebbe disintossicarsi gradualmente, riducendo gradualmente le quantità di cibi ricchi di sodio e l'uso del sale a tavola, senza per questo avere uno scadimento dell'appetibilità dei cibi.
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