Il glutine è una proteina presente in molti cereali (frumento, orzo, segale, farro, spelta, kamut, triticale e monococco) che rappresenta l'allergene per coloro che soffrono di malattia celiaca (intolleranza al glutine) e che pertanto sono vincolati ad una dieta con prodotti senza glutine.
Per prodotti senza glutine si intendono quegli alimenti che contengono una quantità di glutine inferiore a 20 parti per milione.
Questo limite, condiviso dal Comitato Scientifico Nazionale dell'Associazione Italiana Celiachia, indicato dal Ministero della Salute con la nota prot. 600.12/ AG32/2861 del 2 ottobre 2003, è oggi accolto anche nel Codex Alimentarius (cioè un insieme di norme e di linee guida riconosciute a livello internazionale) e dalla Commissione Europea.
C'è però un novità: secondo il decreto 41 dell'Unione Europea infatti, la dicitura ''Senza glutine'' prima applicata solo agli alimenti dietoterapeutici (cioè sostitutivi di pane, pasta, pizza e dolci), è ora permessa anche per tutti gli altri alimenti di uso corrente (salse, cioccolata, ecc.) purché sia garantito un contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm. Scompariranno ben presto quindi le diciture ''Non contiene fonti di glutine'' o ''può contenere tracce di glutine'' che sarebbero fuorvianti.
Se trenta anni fa i problemi della persona celiaca riguardavano prima di tutto la diagnosi, che era difficile e laboriosa perché la celiachia era una malattia sottostimata e misconosciuta, e quindi il cibo, perché le uniche cose che si potevano mangiare con sicurezza erano gli alimenti naturalmente senza glutine: carne, pesce, uova, latte, formaggio, e carboidrati come mais, riso e patate; oggi i termini della questione appaiono invertiti.
Infatti, sebbene questa lista sembri abbastanza fornita, in realtà se riflettiamo un attimo sulle nostre abitudini alimentari, se pensiamo al pane, alla pasta, alla pizza, ai dolci, se pensiamo a tutti quegli alimenti che possono contenere glutine sottoforma di addensante, di aroma o di coadiuvante tecnologico, come i gelati, la cioccolata, le salse, i sughi pronti, i salumi e così via; se infine prendiamo in considerazione le possibili cross-contaminazioni, la lista dei prodotti senza glutine comincia a farsi decisamente più scarna.
Neanche le farine che derivano dai cereali permessi sono sempre del tutto sicure. È per questo che l'Associazione Italiana Celiachia ha creato un prontuario degli alimenti che fornisce al malato la possibilità di scegliere quei prodotti a rischio che, se presenti nel prontuario, hanno un bassissimo rischio di contaminazione grazie alla collaborazione tra l'azienda e l'associazione che insieme controllano la filiera di quel prodotto. Oltre a questo, numerose sono oggi le aziende (circa 130 provviste di Autorizzazione Ministeriale) che lavorano esclusivamente sul senza glutine, permettendo al celiaco di avere una vasta gamma di prodotti senza glutine sostitutivi di pane, pasta, biscotti e merendine.
Oggi chi vuole cucinare senza glutine può scegliere tra:
Peccato che non è tutto oro quel che luccica! Effettivamente i prodotti senza glutine, pur avendo una buona palatabilità, pur cercando di ricreare un gusto gradevole e/o simile a quello dei prodotti con glutine, lasciano molto a desiderare sia sotto il profilo nutrizionale che sotto quello economico.
Andando a considerare la pasta, vediamo che la quantità di lipidi presente in quella gluten free (senza glutine), è leggermente maggiore rispetto a quella contenuta nella pasta con glutine; considerando i biscotti, quelli senza glutine hanno una quantità di lipidi 2,5 volte maggiore rispetto a quelli non gluten free, se addirittura prendiamo in considerazione il pane normale e quello senza glutine, vediamo che nel secondo la quantità di lipidi è quasi 10 volte maggiore rispetto al primo!
È chiaro che, non essendoci il glutine, la lavorazione tecnologica risulta più complicata e meno agevole, questo tuttavia non giustifica l'uso, anzi l'abuso, non solo di grassi, ma addirittura di grassi vegetali idrogenati, di cui ormai si conoscono le potenzialità negative per la salute.
Se oltre alle caratteristiche nutrizionali confrontiamo i prezzi medi di qualsiasi alimento senza glutine con altri non gluten free, è impossibile non notare la differenza: 1 kg di pane 26 euro, 1 kg di farina 6 euro, 1 kg di pasta 11 euro, una confezione di ravioli da 1 kg 30 euro, una confezione di una colomba per Pasqua da 1 kg 20 euro... E si potrebbe continuare con queste cifre.
È vero che grazie al decreto 8 giugno 2001 il celiaco ha diritto all'erogazione gratuita di alimenti dietetici privi di glutine da parte del Servizio Sanitario Nazionale, (con tetti di spesa suddivisi per fasce di età e sesso), ma è anche vero che se le aziende di prodotti senza glutine cominciassero a rifornire anche i supermercati oltre che le farmacie, e riducessero i prezzi attualmente troppo elevati, almeno del 50%, sicuramente continuerebbero a godere del loro profitto, sollevando però lo stato dall'onere del buono mensile al celiaco, e permettendo inoltre a quest'ultimo, di scegliere dove comprare i prodotti senza glutine con libertà e dignità.
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