Con il termine mazzafegato o mezzafegato si intende una salsiccia particolare, composta per almeno un 15% di fegato di suino, e prodotta tradizionalmente nelle regioni Umbria, Marche (dove prende il nome di salsiccia matta) e Toscana (dove viene detta sanbudello).
La produzione dei mazzafegato ha origini antiche, probabilmente medievali, alcuni storici riconducono la lavorazione dei mazzafegato addirittura ai Celti, ma per rimanere storicamente più vicini ai nostri giorni, basti ricordare che anche solo nella prima metà del Novecento ogni famiglia del centro Italia che possedesse un maiale si dedicava alla produzione dei mazzafegato, che erano gli ultimi insaccati che si preparavano, dando la precedenza a quelli "nobili", con gli organi interni del suino ricchi di sangue (cuore, fegato, polmone) e tutto ciò che era rimasto sul banco da macello.
Il mazzafegato era quindi un prodotto povero, di scarto, dal sapore molto intenso e speziato, prodotto giusto perchè "del maiale non si butta via niente"...
Con il tempo la sua produzione si è quasi arrestata, da quando il mazzafegato ha perso il suo mercato, a causa dell'avvento dell'industrializzazione nella salumeria, dei gusti delle persone che sono cambiati, che si sono un po' appiattiti e si sono orientati verso insaccati dal gusto più standard o comunque con tendenza dolce, del fatto che dopo il boom economico nessuno volesse più mangiare un "cibo per poveri". Ma in questi ultimi anni stiamo vivendo una controtendenza e una riscoperta dei sapori antichi e anche il mazzafegato sta tornando di nuovo di moda, grazie soprattutto a Slow food che ha voluto recuperare dall'oblio questo salume tradizionale istituendo il presidio del mazzafegato dell'Alta Valle del Tevere in Umbria, tra Gubbio, Gualdo Tadino e Perugia, dove ancora oggi 7 produttori continuano a portare avanti la tradizione dei mazzafegato con forte convinzione ed entusiasmo e tutta la comunità ne consuma in quantitativi considerevoli. Obiettivo di slow food è dunque quello di consolidare questa tradizione in Umbria, ma anche di invogliare i produttori di altre regioni, dove invece il consumo e la produzione delle salsicce di fegato è andata un po' scemando, a riprenderne la lavorazione.
Il mazzafegato si ottiene macinando insieme tagli di seconda e terza scelta di suino, parti di scarto del maiale comprese le cartilagini, la coda e la lingua, e il fegato, che deve costituire almeno il 15% sul totale dell'impasto. Ricordo che in passato si utilizzavano anche altri organi interni quali il cuore, i polmoni e i rognoni. A questo impasto vengono aggiunti sali e aromi o spezie che variano a seconda del produttore. Possiamo trovare quindi fiori di finocchio, pinoli, scorze di arancia, uva sultanina, a seconda che lo si voglia rendere più o meno dolciastro. L'impasto aromatizzato viene poi insaccato in budelli naturali e legato a formare delle salsicce di circa 10 cm di lunghezza e 3 cm di diametro. Segue un periodo di asciugatura di circa 7-10 giorni dopo il quale il mazzafegato può essere consumato previa cottura alla griglia e accompagnato da purè di patate, erbe di campo lessate o legumi. Alcuni produttori proseguono la lavorazione con una lieve affumicatura (facoltativa) e con un periodo di stagionatura che può durare fino a due mesi. In questo caso il mazzafegato va consumato crudo, a fette spesse, con del pane fresco. Il mazzafegato si presenta di colore scuro, quasi nero, e in bocca ha un sapore forte, robusto e molto speziato, non a caso, del resto, si chiama "ammazza fegato".
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