L'acrilammide negli alimenti: cos'è, dove si trova e come evitarla

In questo articolo parliamo di uno dei composti chimici più conosciuti, almeno come nome, e maggiormente percepiti come pericolosi: parliamo dell'acrilammide, la molecola cancerogena che si forma quando i cibi bruciano.

 

 

Questa definizione, ovviamente, è tutt'altro che scientifica ma va a definire, anche molto bene, quella che è la percezione di questa molecola. Intorno a questa percezione, poi, si formano gli estremismi, tra persone che diventano crudiste pur di evitarla, e persone che non ci credono e continuano a mangiare cibi bruciati.

Per questo motivo abbiamo deciso di andare a valutare in modo oggettivo la situazione, cercando di capire che cos'è l'acrilammide (anche dal punto di vista chimico) e in quali situazioni si forma, oltre che in quali dosi diventa una molecola pericolosa per la salute umana.

Acrilammide nel cibo bruciato

L'acrilammide: cos'è

Iniziamo con l'inquadrare bene questa molecola pericolosa, che si forma a causa dell'alta temperatura perché di normale non è presente all'interno degli alimenti.

L'acrilammide è una particolare molecola che si forma quando gli zuccheri reagiscono chimicamente con le proteine. Zuccheri e proteine sono molecole molto differenti tra loro, e infatti non c'è praticamente modo di farle reagire se non si utilizzano enzimi (cosa che avviene nel nostro organismo) o se non si utilizza la temperatura, che libera molta energia e rende in grado di far unire queste due sostanze. E' un po' come cercare di fondere del ferro: se non mettiamo abbastanza temperatura non diventa liquido, e questo vale anche per le reazioni tra zuccheri e proteine.

 

 

Quando la temperatura supera una certa soglia (vedremo dopo quale) si possono formare tantissime molecole diverse, tutte differenti tra loro; una di queste (ma è una delle tantissime) è proprio l'acrilammide, che è un composto tutto sommato semplice, dalla formula chimica C3H5NO, quindi composta da solamente 10 atomi. Che comprendono gli atomi di base presenti nello zucchero, ovvero Ossigeno, Carbonio e Idrogeno, e quelli di base delle proteine, cioè l'Azoto essenzialmente.

Se uno di questi due componenti manca, l'acrilammide non si può formare, ed è per questo che l'acqua o il sale, anche se portati a temperature altissime, non possono bruciare né formare acrilammide, perché sono inorganici e non hanno carbonio, essenziale per la sua formazione.

La reazione che porta alla formazione di acrilammide è la Reazione di Maillard, che è anche la responsabile di ciò che rende i cibi "buoni": quando arrostiamo e quando friggiamo in particolare si viene a creare una "crosticina" nera su carne, pane e verdure responsabile degli aromi più buoni degli alimenti. Se è poca, anche l'acrilammide sarà poca e non comporterà problemi particolari, mentre se il nero è tanto il pericolo aumenta.

L'acrilammide è una molecola che è stata stabilita essere genotossica e cancerogena, ovvero che può danneggiare il DNA perché si lega ai suoi filamenti, e può portare modifiche anche importanti che fanno perdere il controllo della replicazione del DNA e si ha così l'origine delle cellule tumorali.

Tossicità: quando diventa troppa?

La dose tossica di un cancerogeno, per definizione, non può essere stabilita. Questo perché teoricamente basta una sola molecola per sviluppare un tumore, ovviamente se questa si posiziona al posto giusto al momento giusto.

Questo però non succede per dosi basse, anche perché gran parte delle molecole finiscono direttamente nelle feci; è vero però che tanti più alimenti a rischio si mangiano, tanto più le probabilità che l'acrilammide diventi pericolosa aumentano, per cui è stato stabilito che i danni certi causati dall'acrilammide avvengano con un'assunzione maggiore o uguale a 0,17 mg/Kg. A questo valore va applicato un coefficiente di correzione, di sicurezza, variabile a seconda della pericolosità della sostanza. L'EFSA, l'autorità europea per la sicurezza alimentare, utilizza come approccio quello del MOE (margine di esposizione), ovvero il rapporto tra il valore massimo ammissibile e la quantità mediamente consumata dai consumatori. Un alimento con MOE pari a 10000 va considerato innocuo. Ebbene, il MOE per l'acrilammide è molto più basso, attestandosi intorno a 500 per gli adulti, e a 50 per i bambini forti consumatori di alimenti che contengono elevate quantità di acrilammide. Per questo motivo, l'acrilammide è sotto i riflettori dell'EFSA.

 

 

Se dividiamo 0,17 mg/kg per 10000 otteniamo una esposizione "sicura al 100%" all'acrilammide di 1 µg al giorno, quantità praticamente impossibile da rispettare. Ovviamente è improbabile che un'assunzione così bassa possa causare qualche danno, e probabilmente la dose innocua è molto inferiore, tuttavia questo dimostra che il problema è del tutto tranne che trascurabile.

Ciò che abbiamo, come vantaggio, rispetto ad altri contaminanti come i metalli pesanti che si trovano nel pesce, è che l'acrilammide si trova in parti del cibo che sono facilmente individuabili, perché essenzialmente sono di colore nero: evitando queste parti si riduce molto la possibilità di assumere questa molecola con l'alimentazione.

Quali cibi sono più a rischio?

I cibi che mettono una persona maggiormente a rischio di assunzione di acrilammide sono quelli in cui il rapporto tra proteine e carboidrati è vantaggioso per la formazione di questa molecola.

Ad essere incriminati sono soprattutto i prodotti vegetali poco proteici, perché in quelli molto proteici (come i legumi) o nei prodotti di origine animale (la carne, principalmente) in cui la reazione di Maillard comunque avviene si formano prevalentemente altre molecole, diverse dall'acrilammide che non è favorita perché ci sono molte proteine e un numero minore di carboidrati.

I prodotti a rischio sono quindi le patate, prima di tutte, quindi le farine cotte in forma di pane, biscotti, dolci e fette biscottate, e poi il caffè, che è sempre cotto.

  • Le patate fritte rappresentano in assoluto il cibo maggiormente a rischio per l'ingestione di acrilammide. Il rapporto proteine/carboidrati molto favorevole, l'alta superficie di esposizione (perché sono fritte, per cui circondate da ogni lato da olio bollente e comunque sono piccole, in misura) e il fatto che sono buone quando sono marroncine, indice dell'avvenuta reazione di Maillard, le rendono il cibo più pericoloso in assoluto e nell'adulto rappresentano circa il 50% delle fonti di esposizione. Le crocchette di patate e le patate al forno contribuiscono, anche se in misura minore, e poi ci sono gli snack fritti e le patatine in sacchetto, anche se queste essendo lessate prima che fritte contribuiscono in misura minore rispetto alle patatine "appena fritte". Sicuramente i prodotti industriali, essendo fritti con un controllo rigoroso della temperatura e del grado di cottura, contengono meno acrilammide, mediamente dei prodotti fatti in casa.
  • Il caffè si trova in seconda posizione per l'adulto, chiaramente non per i bambini perché non lo bevono. Il fatto è che il caffè non è consumato al naturale, ma solo dopo la tostatura: se è infatti possibile assumere caffeina anche dalla pianta fresca, gli aromi tipici del caffè sono dovuti proprio alle molecole che si formano in cottura ad alte temperature (torrefazione), e il problema è che tra queste molecole c'è anche l'acrilammide. Un'estrazione dei composti non ottimale in casa (ovvero il caffè che "brucia", nella moka) contribuisce a peggiorare la situazione insieme alle modalità di tostatura che, però, cambiano da caffè a caffè, in base alle varietà.
  • prodotti a base di cereali sono poi la seconda fonte di esposizione dei bambini, dopo le patate, la terza negli adulti dopo il caffè. Del pane in generale è responsabile la crosta, la parte esterna, che a volte è carbonizzata, in particolare nei prodotti fatti in casa. Molto a rischio anche la pizza, che ai lati è spesso bruciata, e i biscotti che con le fette biscottate, se sono cotte di nuovo o fatte in casa per cui in parte bruciati, contribuiscono all'esposizione da acrilammide.

I consigli per evitare l'acrilammide

I consigli per evitare l'acrilammide, e mantenerla così ad un livello accettabile, perché bisognerebbe smettere di mangiare praticamente tutto per evitarla completamente, sono diversi. In linea di massima, ricordare che il nostro scopo non è quello di eliminare la molecola del tutto ma di ridurla a livelli accettabili aiuta molto nella vita quotidiana.

  • Il primo e più importante consiglio è quello di mantenere una dieta equilibrata. Se notiamo che frutta, verdura, carne e pesce non rientrano tra i cibi a rischio, aumentando le quantità di queste sostanze e diminuendo quelle di snack e prodotti fritti o arrosto non solo si evita l'acrilammide, ma si fa del bene al nostro organismo in molteplici modi.
  • Per i cibi provenienti da farine, ci sono metodi di cottura che non fanno formare l'acrilammide: il più diffuso è la lessatura, la cottura in acqua, per cui preferire la pasta come forma di carboidrati rispetto al pane, e le patate lessate al posto delle patate arrosto o fritte aiuta a ridurre l'esposizione.
  • L'acrilammide si forma nella parte esterna degli alimenti, non in quella interna. Alcune accortezze in cucina, come il tagliare le patate a pezzi più grandi, o mangiare un pane più grande rispetto a piccoli panini o ai biscotti aiuta a poter ridurre la percentuale di acrilammide a parità di peso di alimento mangiato.
  • I cibi già cotti non dovrebbero essere cotti di nuovo, e se dobbiamo farlo è preferibile riscaldare con metodi che non alzano troppo la temperatura, come il microonde.
  • Se mangiamo prodotti a base di farina, se possibile eliminiamo le parti nere, quelle palesemente bruciate, che sono i punti in cui la molecola è maggiormente concentrata.
  • L'acrilammide può rimanere nell'olio di frittura, se abbiamo cotto qualcosa prima che è annerito. Se ad esempio friggiamo delle patate e poi della carne, l'acrilammide rimasta nell'olio può penetrare nella carne, per cui l'"olio esausto" deve essere sostituito. Il punto di fumo dell'olio, inoltre, rappresenta un buon indice di inizio di produzione di acrilammide, per cui non deve essere superato.
  • Parlando di caffè, invece, bisogna semplicemente evitarlo, se possibile. Ci sono più modi per assumere caffeina (ad esempio, il tè, che non è torrefatto) ed evitare così il caffè in sé. Posto poi che una tazzina al giorno male non fa, ma è necessario non esagerare, perché come abbiamo visto è uno dei prodotti più a rischio.

Infine, è importante ricordare sempre che i cibi non sono l'unica fonte di esposizione all'acrilammide, ma una delle fonti più importanti è il fumo della sigaretta. Formato da un vegetale, il tabacco, che viene bruciato, ogni tiro della sigaretta è un'inalazione di acrilammide, e questo vale tanto per il fumo attivo quanto per quello passivo, di chi non fuma, perché respirare questa molecola (che entra in bocca, e quindi la possiamo ingerire, oltre a finire nei polmoni) aumenta l'esposizione che abbiamo già dagli alimenti, quindi aumenta la possibilità che si possa sviluppare una neoplasia a causa di questa molecola.

Smettere di fumare, o evitare i posti frequentati da fumatori, è quindi uno dei primi passi da fare, ancora prima di pensare alla cucina, per ridurre l'esposizione da acrilammide; da lì, poi, possiamo proseguire mettendo in atto tutte le regole che abbiamo visto prima, garantendoci così una bassa esposizione a questa pericolosa molecola.

La nuova normativa

Nel mese di Luglio del 2018 è entrata in vigore una nuova normativa (REGOLAMENTO (UE) 2017/2158) che prevede un abbassamento dei limiti di legge per quanto riguarda il quantitativo di acrilammide tollerato negli alimenti.

La normativa, oltre  stabilire i limiti tollerabili per ogni categoria di alimento a rischio, stabilisce anche un criterio di autocontrollo rivolto agli operatori del settore, una sorta di HACCP ovvero delle misure che gli operatori devono svolgere, atte a ridurre la presenza di acrilammide nei cibi. Queste misure devono prevedere dei controlli periodici sui livelli di acrilammide nei prodotti e la tenuta di un registro di tali misure di attenuazione.

 

 

 

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