Il farro della Garfagnana è un tipo di cereale della specie "Triticum Dicoccum Schrank", che viene spesso chiamato comunemente "grano vestito" per via del fatto che durante la mietitura le cariossidi non escono dalle glume, quindi ogni chicco rimane avvolto perfettamente nel suo guscio.
Si fregia della denominazione IGP dal 1996 e fu il primo cereale italiano ad ottenere una certificazione di qualità.
Viene coltivato nella zona montana e pedemontana della provincia di Lucca, in circa 16 comuni, a nord ovest della Toscana, quasi al confine con la Liguria.
Attualmente in Garfagnana esistono circa 100 produttori di farro, coltivato in una superficie di circa 100 ettari, per una produzione totale di circa 200 tonnellate annue.
Il farro è, storicamente, uno dei cereali più antichi di cui si ha testimonianza, sembra che le prime coltivazioni di farro risalgano al 7000 a.C. in Mesopotamia, sicuramente era un cibo molto consumato dai Greci e dai Romani, ma poi, durante il Medioevo al farro sono sttai preferiti altri cereali, come il frumento.
Le ragioni dell'abbandono, quasi in tutta Italia, della coltivazione del farro risiedono in una questione puramente pratica e commerciale: il farro, infatti, ha una bassa resa per ettaro e la sua raccolta è molto difficoltosa, in quanto i chicchi etndono a cadere sul terreno una volta maturi.
Ma in Garfagnana il farro non ha mai subito né crisi né declassazione, anzi, è sempre stato coltivato per secoli fino ai nostri giorni ed ha sempre rappresentato per la zona un'importante fonte di sostentamento.
La lavorazione del farro della Garfagnana avviene ancora prevalentemente a livello artigianale, con l'operazione di brillatura fatta negli antichi mulini a pietra. Inoltre, il farro è un tipo di cereale che ha trovato nel terreno e nel clima della Garfagnana un habitat naturale ideale per la sua crescita ed evoluzione, raggiungendo livelli di qualità altissimi, che lo rendeno distinguibile da ogni altro farro italiano.
Giusto per inciso, ricordo che recentemente un altro farro, quello umbro di Monteleone di Spoleto, ha ottenuto la denominazione DOP (nel 2010).
Il farro della Garfagnana IGP deve essere coltivato ad un'altitudine compresa tra i 300 e i 1000 metri s.l.m.; la semina avviene in autunno e la raccolta durante il periodo estivo.
Non devono essere utilizzati concimi chimici, fitofarmaci o diserbanti, ma è ammesso solo l'impiego di concimi organici, quindi di fatto il farro della Garfagnana è un prodotto Bio.
La produzione massima consentita per ettaro è di 25 quintali.
La raccolta avviene con le mietitrebbiatrici da grano, poi il farro deve essere brillato prima di essere immesso nel mercato. La brillatura può essere fatta o con i vecchi mulini a pietra come di tradizione, oppure con macchine più moderne, il risultato finale dopo la brillatura sarà del 60-70% rispetto al totale raccolto.
Il farro brillato viene poi confezionato in sacchetti di varie pezzature, da 0,5 kg, da 1 kg, finanche a 50 kg.
Su ogni confezione devono essere riportati: l'annata di produzione, la scadenza, il logo e la denominazione IGP, oltre ai dati dell'azienda che l'ha prodotto.
Prima di essere immesso alla vendita, il farro viene sottoposto e visionato dall'Organismo di controllo apposito che controllerà che rispetti tutte le norme previste dal disciplinare.
Il farro della Garfagnana IGp non necessita di ammollo preventivo, generalmente viene consigliata la pulizia con le dita prima di usarlo, si cuoce in pochi minuti ed è un alimento molto versatile in cucina, può essere impiegato sia per creare ricette dolci, che salate, per esempio per fare insalate fredde con verdure, zuppe calde, torte salate o abbinato ai legumi.
Oppure viene macinato per ottenerne la farina, indicata poi per preparare pane, pasta, crostate, biscotti o altre ricette tipiche della Garfagnana.
Per riconoscere gli ingredienti più autentici della nostra cucina sono stati messi a punto dei marchi: DOC, IGT, IGP e STG.
Dolcissima, croccante e rossa, sono queste le caratteristiche che rendono tanto desiderata e appetibile la "Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP".
Con il termine branding si fa riferimento adattività che permettono di definire un marchio, rendendo il prodotto differente da quello dei competitor.
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