L'amaranto è una pianta originaria del centro America, alimento fondamentale per gli Aztechi e gli Incas.
Da tempo dimenticato, è stato "riscoperto" in USA negli anni '60, ma è coltivato anche in altre zone del mondo.
La pianta dell'Amaranto viene coltivata anche a scopo ornamentale, oltre ai chicchi sono edibili anche le foglie.
Questa pianta l'abbiamo inserita tra i cereali perché molto affine ad essi come utilizzo in cucina, tuttavia non fa parte delle Graminacee e quindi non è un "vero" cereale, insieme al grano saraceno, la quinoa, il sagù e la manioca.
L'amaranto è ricco di proteine, fino al 16%, le quali hanno un elevato valore biologico poiché, al contrario dei cereali veri e propri, contiene quasi il doppio di lisina, amminoacido essenziale di cui sono carenti quasi tutti gli altri cereali.
È anche una buona fonte di fibre (fino al 15%).
L'assenza di glutine lo rende adatto alla alimentazione di chi è affetto da morbo celiaco, e ai bambini nel periodo dello svezzamento.
La coltivazione dell'amaranto è piuttosto complessa e di conseguenza il costo è elevato. Non essendo un cereale molto diffuso, difficilmente viene venduto nei supermercati, lo si può trovare nei negozi di alimentazione biologica o in quelli specializzati in sementi.
I chicchi di amaranto, quando vengono bolliti, tendono ad aggregarsi sottoforma di una massa gelatinosa, che può risultare sgradita. Per evitare questo si può cucinare l'amaranto insieme ad altri cereali (per esempio l'orzo o il riso), nella misura del 15-20%, migliorandone il sapore e il valore nutritivo.
L'amaranto va bollito per 30 minuti (20 in pentola a pressione), in un quantitativo di acqua pari a 3 volte quello dei chicchi.
Il sapore è gradevole, dolciastro, ricorda un po' la nocciola.
I grani possono essere tostati in una padella antiaderente con un filo di olio, a mo' di pop corn, oppure soffiati.
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