Le spuntature e i ciarimboli sono due tipici piatti poveri delle Marche, in particolare della provincia di Ancona, di origine contadina ottenuti con parti del quinto quarto, ossia con gli scarti, ossia le interiora di vitello o di agnello (le spuntature), e le budella del maiale (i ciarimboli).
Vengono lavati bene, aromatizzati con sale, rosmarino, aglio e vino e poi cotti alla brace.
Sono reperibili solamente in loco, di solito nei baracchini ambulanti o durante le sagre di paese, e rappresentano un tradizionale esempio di cibo da strada locale.
Nel resto d'Italia con il termine "spuntature" si indicano le costine di maiale, soprattutto al Nord, cotte in umido e abbinate alla polenta. Nelle Marche, invece, le spuntature sono le interiora del vitello da latte o dell'agnello da latte, usate senza eliminare il chimo, cioè il latte presente nello stomaco e nell'intestino dell'animale che se ne nutriva, e che conferisce al piatto finale un sapore intenso e acre.
Queste interiora vengono usate anche in Lazio per fare la pajata, un tradizionale sugo rosso da abbinare ai rigatoni.
Le spuntature marchigiane, invece, vengono prima lavate accuratamente, poi messe a marinare con vino bianco, sale, aglio, rosmarino, salvia, pepe nero e a volte peperoncino, quindi arrostite su una griglia.
Di solito, si mangiano dentro un panino tipo rosetta, come spuntino veloce o come merenda e si abbinano egregiamente ai vini locali, come la Lacrima di Morro d'Alba o il Verdicchio dei Castelli di Jesi.
In passato si trovavano facilmente lungo le strade provinciali o secondarie, servite dai chioschetti ambulanti, oggi, però, le spuntature sono difficilissime da trovare, più che altro per le nuove norme igieniche comunitarie, ma esistono ancora dei posti dove poterle assaggiare dislocati tra Fabriano ed Ancona. Personalmente ne conosco uno molto valido: la Chiusa di Agugliano.
I ciarimboli, chiamati localmente anche ciambudei, ciaringoli o buzzici, sono le frattaglie del maiale, composte dal budello non privato del grasso e sono annoverati tra i Prodotti agroalimentari tradizionali marchigiani.
Sono tipici di tutti i comuni montanari della zona della Vallesina in provincia di Ancona, quali Montecarotto, Staffolo, Cupramontana e Monte San Vito, ma oggi sono veramente difficili da reperire se non nelle macellerie in loco e solo nei mesi invernali (dicembre, gennaio e febbraio) che seguono l'uccisione del maiale (la cosiddetta pista).
Di origine contadina, il ciarimbolo è un salume dall'aspetto sottile e allungato, come fossero spaghetti per intenderci, ottenuto tramite un lungo processo: prima si lavano accuratamente le budella, quindi le si tiene a bagno in una soluzione di acqua e aceto per una notte, il giorno dopo si fanno bollire in acqua insaporita con aromi e spezie (alloro, scorza d'arancia, basilico), quindi vengono conciate con sale, pepe, semi di finocchio e aglio e rosmarino e lasciate ad insaporire per 24 ore. Infine vengono essiccate o naturalmente alla luce del sole sopra i rami di rosmarino, oppure tenute vicino al fuoco per almeno 3 giorni.
A questo punto i ciarimboli possono essere gustati freschi entro breve tempo, così si conservano al massimo per qualche giorno, oppure possono essere fatti stagionare in cantina e così si mantengono fino a 2 settimane.
I ciarimboli si gustano cotti, arrostiti sulla brace, così che l'interno rimanga morbido e grasso e l'esterno croccante.
Il sapore dei ciarimboli ricorda un po' quello de ciccioli romagnoli, selvatico e amarognolo.
Oggi la Pro Loco di Monte San Vito sta cercando di ridare lustro a qusto salume antico, molto raro e quasi in via d'estinzione (basti pensare che con un maiale si ottengono solo 200 g di ciarimboli!), e organizza ogni anno una sagra dedicata ai ciarimboli...chissà che non intervenga Slow Food ad aiutarla!
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