Nanopatologie e nanoparticelle

Con nanopatologie s'intendono tutte quelle malattie originate dalle micro e dalle nanoparticelle inorganiche non biodegradabili e non biocompatibili.

 

 

Fonti di produzione

La natura è responsabile di una certa quota delle polveri che si trovano nell'ambiente, ma è l'uomo con le sue attività ad esserne il grande produttore.

Oggi, la maggior parte dell'inquinamento ambientale ed alimentare da polveri si deve infatti ai motori a scoppio, alle fonderie, ai cementifici, agli inceneritori, fino ad operazioni apparentemente più innocue come quelle di saldatura. Se le temperature sono elevate, molte sostanze inorganiche volatilizzano per poi ricombinarsi, spesso in modo diverso da quello d'origine, sotto forma di particelle che, avendo massa piccolissima, si comportano come i gas, restando sospese in aria anche per tempi assai lunghi e migrando con gli eventi atmosferici anche per distanze enormi. È necessario sottolineare che quasi mai queste polveri sono biodegradabili, il che significa che, in termini pratici, sono da considerare eterne. In aggiunta a questo, non esistono sistemi tecnologici efficaci per attenuarne la pericolosità.

Vie d'ingresso

La via preferenziale d'ingresso di tale materiale è l'inalazione (un essere umano respira circa 20 metri cubi d'aria al giorno). Le particelle sospese vengono inspirate e finiscono (se di dimensioni sufficientemente ridotte) negli alveoli polmonari dove, per quanto concerne la loro frazione dimensionalmente grossolana, sono di norma fagocitate dai macrofagi. Una volta fagocitati questi corpi estranei, i macrofagi non riescono, però, a degradarli né a distruggerli, poiché costituiti da sostanze non biodegradabili. Esclusa la frazione che i macrofagi riescono a portare a livello delle vie respiratorie superiori e ad eliminare tramite l'espettorazione, alla morte del macrofago, le particelle rimangono nell'organismo. Se il particolato è di dimensioni nanometriche (da qualche decimillesimo di millimetro in giù) riesce a passare direttamente dall'alveolo polmonare alla circolazione sanguigna. Dal sangue agli organi il passo è breve, soprattutto se si pensa che le nanoparticelle sono in grado di entrare anche nei globuli rossi. Quale che sia la strategia adottata, penetrare nei globuli rossi o restare, come molto più spesso accade, nella frazione plasmatica del sangue, entro breve tempo queste particelle vengono sequestrate da qualche tessuto dell'organismo e possono finire in fegato, reni, gangli linfatici, cervello o altri organi.

 

 

Dopo l'inalazione, la via d'assunzione più frequente per i micro e nanodetriti è l'ingestione. Le particelle che fluttuano in aria, prima o poi cadono a terra, depositandosi su frutta e verdura, che sono alimento per l'uomo, e sull'erba, che è cibo per gli animali. Nell'apparato digerente si possono trovare particelle inorganiche delle dimensioni di 40-50 μm o anche più grandi che né l'acqua, né gli enzimi, né l'acidità dello stomaco sono in grado di dissolvere. Anche l'apparato digerente lascia transitare con una certa libertà il particolato che, come avviene per quello inalato, entra nel sangue e nei vasi linfatici, seguendo poi sorte analoga all'altro. In questo caso, particelle relativamente grossolane possono restare imprigionate nel tessuto della parete gastrica o intestinale.

Esistono ulteriori, seppur meno frequenti, vie d'ingresso nell'organismo. L'ipotesi di un passaggio di particelle attraverso la pelle, in relazione all'uso di particolato in alcune creme cosmetiche, a tutt'oggi, non pare essere dimostrata sufficientemente, quanto meno in presenza di una pelle integra.

Nanopatologie

Meccanismi fisiologici di difesa dell'albero respiratorio

Un primo meccanismo di protezione nei riguardi degli inquinanti atmosferici è di tipo meccanico. Le brusche variazioni di direzione dell'aria inspirata a livello delle cavità nasali determinano la sedimentazione delle particelle sospese e la loro fissazione allo straterello di muco che ne ricopre le superfici. Ciò vale non solo per le particelle che hanno in aria la tendenza alla sedimentazione spontanea ma anche per quelle costituenti gli aereosol, che tale tendenza non manifestano e le cui dimensioni sono comprese approssimativamente tra 0.01 e 100 μm. L'effetto meccanico di impatto e di sedimentazione prosegue a livello delle vie respiratorie medie e basse per effetto delle successive biforcazioni (trachea, bronchi, bronchioli) e del progressivo decremento del lume di bronchi e bronchioli.

 

 

Un effetto analogo si manifesta sui contaminanti gassosi: quelli molto idrosolubili faranno sentire i loro effetti principalmente sui tratti più alti delle vie aree a differenza di quelli caratterizzati da scarsa solubilità in acqua che hanno maggiori possibilità di arrivare ai livelli più bassi. In condizioni di riposo solo pochissime particelle di diametro intorno a 10 μm riescono a superare la laringe.

A livello delle mucose nasale, faringea e tracheale sono trattenute per la massima parte le particelle di diametro superiore a 5 μm. Nel segmento bronchiale, fino ai bronchioli, sono in grado di arrivare, per quanto in quantità significativamente ridotte rispetto all'aria esterna, particelle di 5-3,5 μm.

A livello alveolare arrivano le particelle di diametro inferiore ai 2,5 μm che costituiscono la frazione cosiddetta respirabile dell'aerosol atmosferico. Da 2,5 ad 1 μm la ritenzione alveolare cresce in ragione inversa del diametro delle particelle per poi diminuire perché la loro esigua massa non ne consente una sedimentazione completa: possono cioè non impattare e restare sospese nell'aria inspirata ed espirata.

Il secondo livello di protezione è costituito dalla cosiddetta clearance bronchiale. Le sostanze estranee che si depositano o si disciolgono sull'epitelio ciliato dei bronchioli, dei bronchi e della trachea sono convogliate verso l'esterno dal veicolo mucoso mantenuto continuamente in movimento dalle ciglia vibratili. Tale meccanismo è altamente efficiente, tanto che il trasporto, in condizioni fisiologiche, si completa in meno di 24 ore. Una volta arrivate in faringe, le sostanze veicolate dal muco vengono deglutite o allontanate per espettorazione.

A livello alveolare arrivano gas e vapori scarsamente solubili e particelle di diametro inferiore a 2,5 μm. Data la grande estensione del letto alveolare, i gas hanno notevoli possibilità di assorbimento, specie se le esposizioni sono prolungate. Le particelle, invece, sono inglobate dai macrofagi polmonari, che, se non sono danneggiati significativamente dai contaminanti, si muovono attivamente verso i bronchioli e risalgono la faringe con il veicolo mucoso sopra descritto. I macrofagi, inoltre, grazie alle loro attività metaboliche, possono anche metabolizzare le sostanze cancerogene e trasformarli in metaboliti non cancerogeni. Rispetto alla clearance bronchiale, quella alveolare è molto più lenta, tanto che si arriva al 50% di epurazione solo dopo 60-120 giorni.

Patologie correlate

Come interagiscano queste polveri con l'organismo e quali effetti provochino è sempre stato un argomento studiato con relativamente scarso approfondimento. La medicina, soprattutto quella del lavoro, se ne occupa da lungo tempo descrivendo alcune affezioni a carico dei polmoni quali la silicosi, l'asbestosi, la talcosi e l'antracosi, classificandole come pneumoconiosi ed osservando le formazioni fibrotiche nodulari che queste provocano, ma non molto di più. È di recente che, nello stesso ambito medico, si comincia a rendersi conto che le polveri possono essere responsabili di ben altro e che l'incremento vertiginoso della loro concentrazione in atmosfera va di pari passo con l'incremento di affezioni, per esempio, di natura cardiovascolare.

Cominciano inoltre ad essere fortemente sospette malattie tumorali, malattie neurologiche, malattie della sfera sessuale e malformazioni fetali. Le patologie oncologiche più comunemente riscontrate sono i linfomi non Hodgkin e le leucemie, mentre tra le malattie neurologiche troviamo fatica cronica, insonnia, perdita di memoria a breve termine, morbo di Parkinson e morbo di Alzheimer, patologie, queste due ultime, insorgenti in soggetti insolitamente giovani.

Anche il vistoso aumento delle patologie allergiche, specie a livello pediatrico, o di sensibilizzazione, potrebbe essere correlato a fenomeni d'inquinamento ambientale o a prodotti d'uso comune quale, ad esempio, il cemento cui vengono sempre più spesso addizionate le ceneri che residuano da processi di combustione di rifiuti.

 

 

 

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