Si definisce come crioglobulinemia la presenza nel siero di immunoglobuline anomale (anticorpi) che precipitano nel sangue, ovvero formano un materiale semisolido o gelatinoso, quando la temperatura scende al di sotto dei 37°C (crio = freddo).
Questo materiale che precipita provoca un impedimento alla circolazione del sangue ed un danno ai vasi sanguigni più piccoli, determinando un processo patologico chiamato ''vasculite crioglobulinemica''.
Spesso questa patologia si trova in associazione con altre malattie, come le glomerulonefriti (colpiscono il glomerulo del rene), malattie infettive (soprattutto epatite B, C, HIV, CMV, lebbra, sifilide), autoimmuni (lupus eritematoso, artrite reumatoide, sindrome di Sjogren, tiroiditi, sarcoidosi, morbo celiaco), linfoproliferative (morbo di Hodking, mieloma multiplo, leucemia linfatica cronica) e tumorali.
Le crioglobulinemie sono suddivisibili in 3 diversi sottogruppi, in base alle loro struttura e caratteristiche immunochimiche.
Le crioglobulinemie di tipo I si ritrovano per lo più in malattie come la macroglobuline mia di Waldenström, il mieloma multiplo e altre malattie linfoproliferative.
Le crioglobulinemie miste, ovvero di tipo II e III, sono le più frequenti (circa 80%) e possono trovarsi in malattie infettive o autoimmuni, ma possono anche comparire senza essere associate al altre patologie, tant’è che vengono dette crioglobulinemie miste essenziali.
Molto importante è ricordare come le crioglobulinemie miste possono associarsi nell'80-90% dei casi all'infezione da HCV, ovvero al virus dell'epatite C.
L'HCV infatti è un virus che favorisce una proliferazione policlonale di linfociti B, responsabili questi ultimi della produzione di immunoglobuline.
Le manifestazioni cliniche delle crioglobulinemia sono davvero moltissime, qui di seguito ne elencheremo alcune.
Le crioglobulinemie vengono diagnosticate ricercando le crioglobuline nel siero con particolari metodiche di immunofissazione o immunoelettroforesi.
Si può infatti evidenziare, mediante elettroforesi delle proteine sieriche, picchi monoclonali in corrispondenza delle immunoglobuline che si accumulano nel siero.
Inoltre, si può evidenziare la diminuzione del complemento (frazioni C1q e C4), in quanto viene consumato a causa della sua attivazione dovuta agli immuncomplessi circolanti.
Se si pensa ad una possibile concomitanza dell'infezione di HCV, si vanno a ricercare gli anticorpi anti-HCV e l'HCV RNA nel siero e, se negativi, nel crioprecipitato.
Nel caso in cui tutto sia negativo, si devono ricercare particolari anticorpi che caratterizzano altre patologie (infettive, autoimmuni, mielo-linfoproliferative) che possono essere correlate con la crioglobulinemia.
Va ricordato che il prelievo del sangue deve essere eseguito con siringa preriscaldata e il sangue ottenuto dal prelievo deve essere manipolato alla temperatura corporea (37°C).
Per questo motivo, l'esame deve essere eseguito in laboratori specializzati ad eseguire questo genere di indagine.
La terapia delle crioglobulinemie dipende molto dalla malattia sottostante. Bisogna trattare le sottostanti malattie autoimmuni, infiammatorie, tumorali o infettive con le relative terapie per essere previste.
Se crioglobulinemia è conseguenza dell'infezione da HCV, si somministrano al paziente antivirali, come l'interferone e la ribavirina.
Infatti solo l'eradicazione dell’HCV consente di curare definitivamente la crioglobulinemia mista. Nei casi in cui non si riesca ad eradicare l'infezione da HCV possono essere utilizzati farmaci immunosoppressori (cortisone o ciclofosfamide, da usare con cautela per gli effetti collaterali) o la plasmaferesi (solo per episodi acuti di vasculite). Recentemente sono stati ottenuti buoni risultati con il rituximab, un anticorpo diretto contro i linfociti B (che producono le crioglobuline).
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