Il latte crudo è un alimento animale non soggetto ad alcun trattamento termico di sanificazione e come tale presenta dei rischi di contaminazione che, seppur bassi grazie ai frequenti controlli e all'obbligo di adottare particolari accorgimenti igienici da parte dei produttori, non possono essere nulli perché come spesso ripetiamo quando si parla di cibi crudi il rischio zero non esiste.
Da Dicembre 2008 il consiglio di bollire il latte crudo è diventato obbligo di legge. Noi siamo sempre stati contrari alla bollitura del latte crudo che in tal modo diventerebbe un prodotto inferiore al latte pastorizzato sia dal punto di vista nutritivo (la bollitura distrugge più vitamine della pastorizzazione) che da quello organolettico. Ma non è necessario bollirlo: in questo articolo vedremo come pastorizzare il latte crudo.
Da quando il latte crudo è in vendita nel distributori in tutta Italia, tutti possono conoscere il sapore e l'aroma di questo prodotto... E sono convinto che molti rimarranno delusi. Già, perché il latte crudo ha un sapore e un aroma piuttosto neutri. Il maestro assaggiatore di formaggi dell'ONAF, con il quale feci il mio primo corso da assaggiatore, ci disse che il latte crudo praticamente non ha odore... E a mio parere, aveva ragione. Tutti i profumi e gli aromi del latte gli sono conferiti da agenti esterni, primi fra tutti i trattamenti termici, ma non solo.
Un latte munto a mano all'interno di una stalla, messo in un secchio e trasportato altrove, acquisisce con tutta probabilità i profumi presenti nella stalla oppure le sostanze odorose presenti sulle mani del mungitore, o sulle mammelle della mucca, magari non perfettamente pulite, o nel secchio... Ma quello non è il gusto del latte crudo, è il frutto di una contaminazione!
Oggi il latte crudo viene munto con mungitrici automatiche collegate a tubazioni che portano il latte direttamente a una cisterna dove viene portato in pochi minuti tra 0 e 4 gradi. Assaggiando questo latte si scopre che il suo aroma è molto neutro, il gusto anche... Ma si avverte, se il latte è di buona qualità, una particolare grassezza dovuta alla percentuale di grasso leggermente superiore rispetto al latte intero pastorizzato.
Quando si scalda un alimento, avvengono dei fenomeni che ne influenzano le caratteristiche organolettiche, come spiegato nella sezione dedicata alla cottura dei cibi.
Il primo fenomeno che avviene è quello della denaturazione delle proteine, che inizia a circa 60 gradi e prosegue fino a 90 gradi e oltre. Le proteine così denaturate, a temperature prossime ai 100 gradi, mettono a disposizione i propri aminoacidi solforati (contenenti zolfo), i quali reagiscono con gli zuccheri presenti nel latte formando composti dal tipico odore di zolfo, di uovo sodo (o di uovo marcio per alcuni). Tali odori si ritrovano, non a caso, nel latte a lunga conservazione UHT, che ha un profumo e un aroma decisamente più intenso rispetto al latte pastorizzato o al latte crudo che, come abbiamo visto, hanno profumi molto deboli.
Il latte pastorizzato ha un gusto piuttosto simile al latte crudo perché alle temperature di pastorizzazione (70-75 gradi) non si formano in maniera determinante quei composti solforati tipici dei latte UHT o del latte bollito. Se dovessimo valutare un latte secondo le intensità dei propri aromi, allora il latte UHT e il latte bollito vincerebbero sugli altri. Ma se consideriamo tali aromi come negativi, frutto della degenerazione del latte, allora si può e si deve correre ai ripari.
Il consiglio di bollire il latte crudo, lo ripeto, è discutibile perché in questo modo si ottiene un prodotto dal gusto decisamente alterato. Provate a bollire il latte crudo e a metterlo in un recipiente chiuso: conservatelo per qualche ora, apritelo e avvertirete un odore molto intenso di uovo sodo che nel latte non è propriamente il massimo. Per non parlare della perdita di vitamine, molto superiore rispetto alla pastorizzazione.
Da qui nasce il mio consiglio di non bollire il latte crudo... O si corre il rischio di berlo, oppure meglio puntare su un normale latte pastorizzato. Ma c'è un'alternativa per rendere sicuro il latte: la pastorizzazione casalinga. Per uccidere i germi patogeni, infatti, è sufficiente portare il latte a 72 gradi per 15 secondi, operazione facilmente ottenibile con un normale termometro da cucina.
Per effettuare questa operazione in modo ottimale bisogna utilizzare una pentola di acciaio con il fondo spesso, che sia proporzionata alla quantità di latte da pastorizzare: per un litro di latte una pentola da 3 litri, per 2-3 litri una da 5 litri. Il fondo spesso garantisce che, localmente, il latte non venga bruciato o non superi i 70 gradi. Il latte va scaldato lentamente, a fuoco alto fino a 50 gradi, medio fino a 70, e poi a fuoco basso nell'ultima fase, e sempre mescolando in continuazione con un cucchiaio, meglio se di acciaio o di plastica. Quando si raggiungono i 73 gradi si può spegnere la fiamma e attendere che la temperatura scenda a 40 gradi, quindi si può imbottigliare e mettere in frigorifero. Durante il raffreddamento è opportuno mescolare spesso il latte per far sciogliere la patina di panna e proteine che si forma in superficie, altrimenti la si può rimuovere e consumare a parte.
Volendo si può far raffreddare la pentola, chiusa con coperchio, in terrazza, in inverno con temperature inferiori a 5 gradi, oppure a bagnomaria immergendo per 3/4 la pentola in acqua fredda: più veloce è la fase di raffreddamento, maggiore sarà la durata del latte conservato in frigorifero.
Il latte pastorizzato in questo modo ha un aroma molto più simile al latte crudo rispetto al latte portato ad ebollizione, a temperature prossime ai 100 gradi, io ho provato e ho notato una differenza enorme. Tentare non costa nulla: bollite un litro di latte e pastorizzate un altro litro, quindi raffreddateli e assaggiateli a temperatura ambiente, noterete una differenza tangibile soprattutto nell'odore e nell'aroma.
Il latte così pastorizzato ha una durata di almeno 5 giorni se conservato in frigorifero a temperature comprese tra 0 e 4 gradi.
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