L'ipertrofia prostatica benigna (IPB) è forse la patologia di più frequente riscontro in ambito urologico, talmente frequente da essere quasi considerata parafisiologica. Si stima infatti che l'ipertrofia prostatica benigna colpisca il 70% degli uomini sopra i 60 anni e addirittura il 90% dei pazienti sopra i 70 anni.
La ghiandola prostatica presenta tre diverse componenti: quella ghiandolare, quella stromale e quella muscolare liscia, tutte e tre aumentate in caso di ipertrofia prostatica benigna. Tuttavia, non tutta la prostata è coinvolta, ma solo la porzione centrale, quella peri-uretrale, così chiamata proprio perché si trova intorno all'uretra, che convoglia l'urina dalla vescica all'esterno attraverso il pene.
I sintomi dell'ipertrofia prostatica, come abbiamo già accennato in precedenza, sono principalmente urinari e si distinguono in ostruttivi e irritativi.
Sintomi ostruttivi: sensazione di ostacolo al flusso urinario, ritardo all'inizio del mitto, difficoltà alla prima minzione del mattino, urgenza minzionale.
Sintomi irritativi: pollachiuria (fuoriuscita di poche gocce di urina nonostante la frequente urgenza di urinare), stranguria (minzione lenta e dolorosa) e disuria (emissione di urina difficoltosa ma non necessariamente dolorosa).
Il paziente riferisce difficoltà a urinare perché la prostata ingrandita, essendo posta al di sotto della vescica, inibisce l'apertura del collo vescicale oltre che comprimere e quindi chiudere la porzione di uretra che vi passa nel mezzo.
Mano a mano che l'ipertrofia prostatica evolve, si possono individuare 4 fasi successive.
Fortunatamente, raramente si arriva all'insufficienza renale perché si interviene prima, durante la fase di scompenso, svuotando la vescica.
La terapia della IPB si può avvalere sia dei farmaci che della chirurgia.
La terapia farmacologica dell'iertrofia prostatica si basa principalmente su alcuni farmaci come la Finasteride o la Dutasteride, entrambi inibitori della 5-alfa reduttasi, enzima che trasforma il testosterone in diidrotestosterone, ormone con una potente azione androgena (ha un'azione 4-5 volte maggiore del testosterone). Altri farmaci sono i cosiddetti alfa-litici come la doxazosina, la proalfuzosina, la terazosina e la tamsulosina), che agiscono invece rilassando la muscolatura della prostata migliorando di conseguenza la minzione. Tutti questi farmaci hanno effetti collaterali da non sottovalutare come mal di testa e vertigini, pressione bassa; e poi deficit erettivi, eiaculazione retrograda e ginecomastia, e tendono a perdere di efficacia col tempo.
Per le terapie chirurgiche rimandiamo all'articolo sugli interventi chirurgici alla prostata.
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