Uno dei problemi in assoluto più frequenti che vediamo con i gatti, relativi all'alimentazione, è quello dell'obesità.
Si tratta di una condizione molto diffusa, ormai, anche tra gli uomini, che però nei gatti raggiunge picchi difficili da vedere in altri animali, compresi i cani.
Se consideriamo, infatti, che il peso medio di un gatto adulto va dai 2,5 ai 3 kg, ma che esistono gatti che pesano addirittura 9 kg, si capisce bene che sarebbe come avere davanti a noi, in questo caso, un essere umano che pesa 250 chili, considerando un peso medio di 80.
Non è, insomma, una situazione normale, ed è per questo che quando ci rendiamo conto che il gatto sta ingrassando troppo dobbiamo agire sull'unica cosa per cui, effettivamente, possiamo fare qualcosa, che è l'alimentazione.
Capire che il nostro gatto sta ingrassando non è così difficile. Per prima cosa possiamo vedere a occhio la differenza con il passato, ma in ogni caso una visita veterinaria, che permetterà di controllare anche lo stato di salute dell'animale, saprà stabilire fin da subito se il gatto ha il suo peso normale o se è troppo pesante.
In generale, guardando il gatto dall'alto, deve avere un aspetto "a clessidra", più largo alle spalle e ai fianchi e più stretto in corrispondenza dell'addome. Accarezzandolo, le costole si devono sentire, e non ci deve essere la "pancetta", che comunque potrebbe non essere dovuta al grasso ma ad altri problemi (ascite). Se c'è, insomma, bisogna fare una visita veterinaria.
Altro campanello d'allarme può essere lo stile di vita. In natura, il gatto è un animale che dorme molto (2/3 della giornata) ma quando sta sveglio si muove continuamente, per cacciare il cibo e per trovare le gatte (o i gatti, dipende dal sesso). La prima attività in un gatto che sta in casa viene meno, perché il cibo lo fornisce il proprietario, ma il problema diventa grave quando viene meno anche la seconda, la ricerca del partner. Questo avviene quando il gatto è castrato o sterilizzato, perché l'annullamento del desiderio riproduttivo lo porta a dormire anche quando dovrebbe stare sveglio, e in questo modo le calorie ingerite non si consumano.
Altro problema è che il gatto, in quanto cacciatore, ha uno stomaco notevolmente dilatabile, e può ingerire grandissime quantità di cibo (addirittura interi animali, pensiamo ai topi) perché non sa quando riuscirà a mangiare la volta successiva. Questo comportamento lo mantiene anche in casa, così che mangia tanto e non si muove: questo porta, inevitabilmente, all'obesità.
Tra le conseguenze di questa situazione ci sono, per prima cosa, le malattie metaboliche, che rappresentano poi una causa diretta di morte, a lungo andare.
Le conseguenze, insomma, sono gravi, e l'attività fisica non può essere imposta (come si fa con un cane al guinzaglio), ma può essere solamente stimolata e indotta, attraverso alcuni espedienti (come il giocare con una pallina per stimolare l'istinto alla caccia).
Appare chiaro, quindi, come l'alimentazione divenga la leva su cui agire per far dimagrire il gatto e salvaguardarlo dagli effetti pericolosissimi che abbiamo appena descritto.
Far dimagrire un gatto senza conseguenze indesiderate non è una cosa semplice, al contrario di quanto si potrebbe pensare. Se, infatti, quando si sterilizza un gatto, quindi nel momento precedente a quello del dimagrimento, è sufficiente ridurre di un 5-10% la razione per compensare il minor movimento, quando il gatto è già grasso ci sono una serie di fattori che devono essere tenuti bene in considerazione.
Per prima cosa, la situazione delle patologie. Se le cose sono complicate dal diabete, ad esempio, non si può smettere improvvisamente di dare i carboidrati, perché se poi si fornisce l'insulina per abbassare la glicemia (che è la terapia) il gatto va in ipoglicemia e sviene.
Se, al contempo, c'è insufficienza epatica o renale, non bisogna nemmeno ridurre l'apporto di grassi, che anzi va aumentato, perché prima bisogna pensare al fegato, poi all'obesità. Questo per dire che, prima di impostare una dieta dimagrante, bisogna accertarsi con il veterinario che non ci siano patologie concomitanti all'obesità. Se, poi, a parte il grasso, il gatto sta bene, si può iniziare la dieta dimagrante vera e propria.
L'aspetto più importante della dieta dimagrante è che l'apporto proteico non deve variare nel gatto. Infatti le proteine sono sempre e comunque necessarie alla vita normale e, soprattutto, non fanno ingrassare. Il corpo, infatti, distrugge le proteine usandole come fonte energetica solamente se non ha altro a cui attingere, quindi nei casi di denutrizione. E, ovviamente, non è questo il caso.
Per cui (ed è la cosa a cui prestare più attenzione per chi opta per le diete casalinghe) le altre sostanze vanno diminuite, ma le proteine no. Bisogna fare molta attenzione a questo punto, nel formulare la dieta.
Per quanto riguarda i carboidrati, questi invece sì che devono diminuire. Scegliamo mangimi industriali che ne contengano pochi ed evitiamoli nelle diete casalinghe, cosa peraltro più semplice da fare che nel cane perché il gatto, in termini di qualità assoluta, mangia meno.
I carboidrati (pane, pasta) rimangono a lungo nell'intestino e vengono assorbiti finendo nel fegato per fare da riserva. Ma il fegato non può accoglierli, e quindi finiscono nel grasso, risultando tra i diretti responsabili dell'obesità. Vanno evitati in tutti i modi.
Si potrebbe pensare che in un gatto obeso i grassi debbano essere del tutto eliminati, quando invece non è così.
Sebbene vadano ridotti, perché non dovrebbero essere più del 10% della razione, non devono comunque essere tolti, perché sono una componente essenziale per lo sviluppo dell'organismo, in particolare per le sostanze che contengono, come le vitamine liposolubili (che si sciolgono nel grasso, ovvero tutte le vitamine tranne la B e la C) che devono essere necessariamente assunte con i grassi.
Motivo per cui, sebbene il suo apporto debba essere ridotto, non va eliminato. Ma del resto, il grasso fa parte della dieta naturale del gatto, mentre per i carboidrati non è così.
La fibra dovrebbe essere presente nella dieta in buone quantità, per una questione molto semplice: l'obesità porta, tra le altre cose, alla costipazione, ferma il transito degli alimenti nell'intestino.
Se, quindi, riusciamo a fornire delle buone quantità di fibra, si riesce a risolvere un problema concomitante a quello dell'obesità e anche a limitare l'assorbimento delle sostanze nell'intestino, così che l'apporto energetico sia ancora più ridotto e la situazione non si aggravi.
I sali minerali, così come le vitamine, non intervengono direttamente nei meccanismi metabolici che coinvolgono l'obesità, quindi non intervengono né in positivo, né in negativo.
È quindi importante che, come abbiamo detto per le proteine, le loro quantità rimangano invariate rispetto alla razione precedente, nonostante altri componenti vengano ridotti. È per questo che bisogna fare particolare attenzione nelle formulazioni fai-da-te: non sono sconsigliate, anzi, ma prima di iniziare a somministrarle, specie per lunghi periodi, è sempre meglio mostrare la nostra idea al veterinario.
Se riusciamo, quindi, a stimolare il movimento nei limiti del possibile, mettere in atto un piano alimentare adeguato e curare le patologie concomitanti, perché tutto dipende dal tempo in cui la situazione è presente, si riesce a far tornare il gatto ad un peso equiparabile a quello di un gatto normale, riducendo l'insorgenza delle patologie.
Da notare, poi, che la dieta deve continuare anche quando il problema si è risolto, perché se il movimento del gatto non è adeguato, riprendere la precedente alimentazione significa far tornare il problema e tutte le potenziali conseguenze del caso che, invece, devono essere in tutti i modi evitate.
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L'obesità è una delle situazioni che mettono maggiormente in pericolo la vita di un gatto. È quindi importante conoscerla e curarla, senza però rischiare di fare danni ulteriori.
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